In Cucina
Ultima modifica 17 febbraio 2021
Storia Minima della Gastronomia Ischitana
Oggi ad Ischia sembra tutto semplice: i “beati voi che vivete in quel paradiso” si sprecano da ogni dove con tanta ammirazione e, probabilmente, anche un pizzico d’invidia. Ma Ischia non ha sempre goduto del suo attuale benessere derivante dal turismo. Prima degli anni ’60, quando uomini come Angelo Rizzoli a Lacco Ameno e Vincenzo Telese ad Ischia capirono che le bellezze dell’Isola ed il suo stesso sottosuolo rappresentavano la vera ricchezza del futuro, qui si viveva di pesca ed agricoltura; due attività che hanno fortemente caratterizzato anche la rinomata tradizione gastronomica ischitana.
Proprio nei periodi in cui non erano esattamente “rose e fiori”, la creatività ischitana emergeva anche a tavola, sebbene solo per far di necessità virtù. Il rinomato pane e cipolla, sinonimo attuale di parca mensa, era un pasto frequente nelle nostre famiglie, specie in tempi di guerra: costava poco e saziava. E la tradizione contadina di un’Isola dove l’agricoltura estensiva non è mai esistita e ciascuno ha sempre coltivato il suo lenzuolino di terra, valorizzava anche “’o ppane sotto ‘e fasule”, ovvero le fette di pane posato, abilmente “riciclate” mettendole a spugnare nel liquido di cottura dei fagioli bolliti.
Lo stesso coniglio, che tuttora cresce allo stato brado alle falde dell’Epomeo (da qui la forte tradizione venatoria dell’Isola, importante luogo di passo, tra l’altro, della beccaccia, del tordo, della quaglia e della tortora), ha rappresentato un punto cardine dell’agricoltura ischitana. Il coniglio all’ischitana e la sua tradizione di piatto domenicale per eccellenza, mantiene tuttora in vita tantissimi piccoli allevamenti di privati i quali, con passione certosina, ancora si affannano a raccogliere palieri dovunque e garantire così un pasto sano alle proprie fattrici. E c'è da dire che da qualche anno a questa parte è tornato in auge ad Ischia l’allevamento del coniglio di fosso. Un tempo, infatti, i contadini realizzavano profondi fossi nel terreno e lì lasciavano crescere una particolare razza di conigli che, nello scavare profonde gallerie e cibati esclusivamente di erba, conservavano quasi intatto il proprio stato brado: il tutto, a pieno vantaggio del sapore della carne, dura da staccare dall’osso e di sopraffino sapore.
Ma la fame, in quel tempo, faceva uscire il lupo dalla tana anche per le pietanze di mare. Sai, ad esempio, come nasce il cosiddetto "pesce all’acqua pazza"? È un piatto tutto ischitano, nato dal fatto che non tutti potevano permettersi un pasto a base di pesce; e allora i meno abbienti attendevano con ansia il rientro dei pescatori di saraghi, ai quali chiedevano con grande umiltà "nu poco 'e murzillo", ovvero gli avanzi dell’esca rimasti attaccati agli ami dopo la pesca. I più fortunati riuscivano così a racimolare tanti piccoli murzilli di alici o sarde che, cotti in acqua, aglio, peperoncino e prezzemolo, erano una rara autentica leccornia, scopiazzata ed adeguata ai tempi da molti maestri dei fornelli.
A queste radici, semplici ed orgogliose, s'ispira la cucina ischitana, anche nelle sua versione contemporanea, sempre accompagnata dai profumi ed i colori dell'isola.
Buon appetito!