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Etimologia del nome

Ultima modifica 17 febbraio 2021

Ischia è stato solo l'ultimo di una serie di nomi attribuiti ad essa, infatti compare per la prima volta nell'anno 813 in una lettera inviata da Papa Leone III a Carlo Magno.
Il più antico nome attribuito ad Ischia fu quello di "Pithecusa." 
Esso possiede due possibili radici etimologiche: da una parte "Pithecos", scimmie, ad indicare dunque "l'isola delle scimmie", e dall'altra "Pithoi", che indica in greco i grandi vasi di argilla dei quali gli Eubei erano abili produttori e dunque "l'isola dei vasai."
Secondo alcuni ambedue le interpretazioni possono essere valide, ma in tempi diversi. 
L'isola delle scimmie , abitata dai circopi (scimmie) o da indigeni dai comportamenti scimmieschi, ben lontani dai più progrediti comportamenti degli Elleni, nel periodo pre-ellenico.  L'isola dei vasai, dopo la colonizzazione degli Eubei. 
Testimonianze lasciate da Plinio, Strabone e Ovidio descrivono il nome Pithecusa. 
Con l'arrivo dei Romani l'isola venne chiamata "Aenaria", poichè al riferir di Plinio, vi si rifugiò l'eroe Enea. 
Altri lo fanno derivare da "Oinaria", ossia luogo delle viti e del vino. 
Omero, Pindaro ed Esiodo chiamarono l'isola con il nome di "Arime," mentre Virgilio ed Ovidio la descrissero col nome di "Inarime," vite.


Il Castello Aragonese ed il borgo antico di Ischia Ponte
L'isolotto su cui sorge il Castello Aragonese è collegato con un istmo all'antico borgo di mare di Ischia Ponte o borgo di Celsa. Questa piccola isola nell'isola pare essersi originata tra i 280.000 e i 340.000 anni fa in seguito ad un'eruzione vulcanica.

Qualche autore attribuisce la costruzione del Castello a Gerone, tiranno di Siracusa, che nel 474 a.C., avrebbe edificato e fortificato una fortezza su questa roccia vulcanica, con accesso dal mare. Da qui il nome ‘Gironda’ con il quale si identifica il castello. Sulle basi di questa antica fortezza sarebbe poi stato costruito intorno al 1438, per volere di Alfonso V di Aragona, il Castello che vediamo oggi, con accesso dall'isola. Ma secondo la tesi più accreditata, il nome Giron-Gironis deriverebbe dalla naturale morfologia dell'isolotto che si può circumnavigare.
Il castello sarebbe in realtà nato come postazione strategica militare intorno al V secolo, in epoca bizantina, quando nell’ambito dell’ordinamento territoriale, vengono eretti, spesso sulle coste, nuovi "castra o "castella", cui la flotta assicura rifornimenti e aiuti. Il nome che gli viene dato, "castrum Gironis", starebbe ad indicare proprio la presenza sullo scoglio di una guarnigione.

Dal 1433, con Alfonso d’Aragona detto ‘il Magnanimo’, ha inizio una serie di interventi grazie ai quali il Castello acquista una nuova fisionomia e assume un ruolo strategico, politico e culturale sempre più importante. Vengono restaurate le mura esterne e le costruzioni interne, al ponte di legno si sostuisce il ponte in muratura che tuttora congiunge l’isolotto a Ischia Ponte. Nel soffitto vengono aperti dei fori, da cui, in caso di attacchi, si lanciano sui nemici pietre, piombo fuso e acqua bollente.
Inizia in quest’epoca anche la frequentazione di artisti e letterati; il Castello diventa centro di vita di corte, sede di feste e convivi, oltre che luogo di rifugio per la nobiltà in tempi di guerra e di assedio dell’isola.

La povertà degli insediamenti sull’isola e le condizioni di precarietà per i continui attacchi alterni di Angiò e Aragonesi, ma anche per le frequenti incursioni barbariche, inducono a privilegiare sempre più, nel corso degli anni, il Castello come sede di residenza e di riparo. Il ruolo del Castello come luogo di difesa e punto di comunicazione con Napoli diventa così importante che Scipione Mazzella si espresse così: ‘nell’isola vi è una fortezza così grande che è tenuta la seconda chiave del Regno’.
Per molto tempo la storia di Ischia è indissolubilmente legata al Castello, capace di accogliere e offrire riparo anche a più di cinquemila persone.

Nel 1509 si celebrano al Castello le nozze tra Ferrante d'Avalos e Vittoria Colonna, la quale, rimasta vedova, compone proprio ad Ischia i sonetti amorosi che l'hanno resa famosa. Si racconta che questi versi impressionarono tanto Michelangelo, che andò ad abitare nella Torre del Guevara, situata di fronte al Castello e conosciuta, infatti, anche come “Torre di Michelangelo”.

Il ‘700 segna l’inizio della decadenza dell’importanza del Castello, prima abbandonato dalle famiglie nobili e sempre più isolato dal resto dell’isola, quindi distrutto da un bombardamento nel 1809 e poi privatizzato, diventa monumento abbandonato, che per molto tempo gli stessi Ischitani ‘guardano a distanza’.

Ma nella memoria di tutti resta sempre viva la storia di un Castello, cenacolo di artisti, letterati e poeti, che ha attraversato inespugnato secoli di storia, resistendo a tutti gli assalti e offrendo riparo ad abitanti, contadini e avventori. Sicuramente, uno dei castelli più belli e ricchi di storia del mediterraneo.

Il borgo antico di Ischia Ponte, anche detto Borgo di Celsa per la presenza dei gelsi, è un antico centro di marinai e pescatori, la cui esistenza è documentata già nel XIII secolo.
Unico centro di Ischia, di tradizione più che altro contadina, da sempre dedito alla pesca, il Borgo ha avuto una grande espansione alla fine del ‘700, con il cessare delle incursioni dei pirati, quando l’attenzione si distoglie dal Castello, fino ad allora centro primario di vita e di riparo, e torna a concentrarsi sulla terraferma.
Per tutto il XVIII Ischia ponte è la città più ricca e prosperosa dell’isola, il suo destino va progressivamente staccandosi da quello del Castello che nel frattempo vive un periodo di decadenza, in seguito all’abbandono delle famiglie nobili e benestanti.
Nel tempo la struttura del borgo, con vicoli stretti, palazzi signorili alternati a caratteristiche casette basse, si è conservata inalterata, così come le famose via Roma e Corso Vittoria Colonna che conducono alla "Mandra", l’antico villaggio dei pescatori.

Ha invece attraversato diverse vicissitudini la bellissima Cattedrale dell’Assunta, costruita nel 1301 e rimaneggiata nel 1700, quindi bombardata dagli Inglesi nel 1809. La cripta, decorata con affreschi della scuola di Giotto, conserva ancora le spoglie delle famiglie nobili dell’isola.
Lo scalo di Ischia ponte è rimasto il preferito dagli Ischitani per molto tempo anche dopo l’apertura del Porto borbonico. Questa predilezione ha contribuito ad alimentare la vita e conservare florida l’attività del centro.


Il Porto e l'antica Villa de' Bagni
Nel 1853 Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie, seguendo l’esempio di suo nonno Ferdinando IV, si reca a Ischia per soggiornare a palazzo Buonocore, nei pressi dell’antico lago del bagno.
Il posto gli piace tanto che decide di trascorrervi buona parte del suo tempo libero e per raggiungere più comodamente il palazzo, decide di far predisporre direttamente lì il posto per l’attracco, anziché passare per Ischia Ponte.
L’incarico di trasformare l’antico lago vulcanico in porto viene dato a Luigi Oberty e Domenico Milo, successivamente a Camillo Quaranta. Il progetto prevedeva l’eliminazione della striscia di terra che separava il lago dal mare. I lavori hanno inizio nell’estate del 1853 e coinvolgono buona parte della popolazione, oltre a un gran numero di prigionieri ‘ospiti’ delle carceri del Castello.
Nel luglio 1854 il real piroscafo Delfino fa il suo ingresso trionfale nel nuovo porto, ma l’inaugurazione ufficiale è a settembre dello stesso anno. I festeggiamenti per il grandioso evento, cui prendono parte la famiglia reale e tutta la popolazione di Ischia, si protraggono per diversi giorni.
Nell’arco di pochi decenni cambia notevolmente l’immagine della piccola Villa de'Bagni, da luogo delle sorgenti, con vasche a cielo aperto a capitale dell’isola. Nascono nuovi edifici, soprattutto lungo l’arteria principale, corso Vittoria Colonna, mentre piazza Croce diventa il punto di incontro, cuore della vita e delle attività. La Casina Reale conserva il suo nome, ma viene trasformato in stabilimento militare. Tra le diverse misure che negli anni contribuiscono a promuovere ed abbellire il posto, fondamentali sono la costruzione delle Antiche Terme Comunali e l’operazione del botanico di corte Giovanni Gussone che, con le famose pinete, ha riportato il verde sulle vicine zone brulle dell’Arso.
Nel secondo dopoguerra Ischia Porto registra uno sviluppo velocissimo, con grande afflusso turistico attirato soprattutto dalle sue bellezze naturali.


Cartaromana
In prossimità di Ischia Ponte, si trova la baia di Cartaromana, famosa per la sua 
bellissima spiaggia ed i caratteristici scogli, ma soprattutto per la storia che la ricollega all’antica Aenaria, florido insediamento romano tra il I sec. a.C.e il IV sec. d.C. oggi sommerso nelle acque della baia.
L’etimologia del nome Aenaria è stata spesso associata alla leggendaria figura di Enea, così come al latino aenum, metallo, ipotesi questa avvalorata dal rinvenimento di reperti metallici nelle acque tra il Castello e i vicini scogli di Sant’Anna. Un’altra tesi fa invece risalire l’origine del nome al greco e significherebbe ‘isola del vino’.
Dai reperti, è stato possibile accertare con sicurezza lapresenza di fabbriche e terrecotte, di botteghe per la lavorazione dei metalli, prove di una grande operosità industriale, legata alla fervida vita del porto. Prove dell’intensa attività commerciale sono le anfore orientali, le coppe etrusche e i molti altri reperti trovati sul fondo marino delle ‘plagae romanae’.

La città di Aenaria appare sostanzialmente divisa in due grandi quartieri: la parte alta, prevalentemente residenziale, con le fabbriche artigianali e la necropoli, e una parte bassa dedicata all'industria e al commercio.
Ma i Romani fanno di Ischia anche e soprattutto un luogo di villeggiatura, valorizzando la presenza delle sorgenti termali. Dalle incisioni sui reperti risulta che da ogni parte dell’impero si accorreva a Aenaria per risalire alla sorgente di Nitrodi a “rinfrescarsi, rinnovarsi la pelle, curarsi i capelli e ricercare la vageggiata fons juventutis”. In quest'epoca, tuttavia, l'isola viene flagellata da terremoti, frane e almeno quattro eruzioni vulcaniche. Questo continuo rischio sismico e vulcanico sembra essere il motivo per cui, pur amandola tanto, i nobili Romani non costruiscono sull'isola edifici termali monumentali né ville signorili. E sempre questo sarebbe il motivo per cui Augusto arriverà a cederla ai napoletani in cambio di Capri, molto più piccola e priva di sorgenti termali.

Tra il 130 e il 150 d.C., Aenaria scompare bruscamente, sommersa da una colata lavica. in seguito a un assestamento del terreno.
Sempre a Cartaromana si trova la Torre del Guevara, uno dei monumenti simbolici di Ischia insieme al Castello. La Torre nasce probabilmente nell'ambito del progetto di fortificazione dell'isola predisposto da Alfonso d'Aragona, che nel 1433 prevedeva l'edificazione di torri lungo la costa. La sua costruzione è attribuita a Don Giovanni di Guevara, venuto dalla Spagna al seguito di Alfonso I d'Aragona, o ad un altro membro della stessa famiglia, Don Francesco de Guevara, fatto governatore a vita dell'isola alla fine del 1400, da Carlo V.

La torre è sempre stata, fin dagli inizi dell'800, di proprietà dei Guevara, duchi di Bovino, ma è anche comunemente detta ‘Torre di Michelangelo’ perché la tradizione racconta che l’artista vi abbia a lungo soggiornato per vivere accanto a Vittoria Colonna, residente al Castello, cui sarebbe stato legato da una segreta relazione amorosa.

 

Al confine, l'Acquedotto
L'Acquedotto, detto dei Pilastri, si trova al confine tra il Comune d'Ischia ed il Comune di Barano. L'acquedotto viene iniziato dal cavaliere Orazio Tuttavilla nel 1580, ma i lavori si interrompono e restano sospesi per quasi un secolo, fino al 1673, quando Mons. Girolamo Rocca riprende l'esecuzione dell'opera volta a portare a Ischia Ponte l'acqua della sorgente di Buceto. Il costo dei lavori viene sostenuto dal popolo, cui viene imposta una forte tassa sui cereali. A lavori compiuti, però il sacrificio è dimenticato da tutti e si dice che la storia sia stata così riassunta dallo stesso monsignor Rocca:
HAS SUDAVIT AQUAS CERERIS PATIENTIA CURTAE EDOCUITQUE FAMEM FERRE MAGISTRA SITIS, cioè "Queste acque si sono ottenute col sacrificio sul cibo: la sete, da buona maestra, ha insegnato a sopportare la fame".


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